chiesa di Santo Stefano a Milano luogo del delitto di Galeazzo Maria Sforza

La congiura di Santo Stefano a Milano

25/12/2023

In piazza Santo Stefano a Milano c’è una colonna antica e solitaria, unica testimone di una terribile congiura che portò all’assassinio del duca Galeazzo Maria Sforza. Era il 26 dicembre 1476, il giorno di Santo Stefano.

Un terribile delitto tramato per minare l’egemonia degli Sforza ed eliminare un duca che si era attirato le antipatie e l’odio di molti aristocratici milanesi. Un fatto avvenuto in un periodo in cui la lotta per il potere era tinta spesso di sangue o di veleno.

Chi era Galeazzo Maria Sforza

Galeazzo Maria Sforza era figlio di Francesco Sforza e di Bianca Maria Visconti. Divenne Duca nel 1466 alla morte del padre. Pare fosse bisessuale e dedito alla lussuria con molte e molti amanti. Era piuttosto crudele, scostante e vendicativo. Inoltre, molti sono i sospetti sul suo probabile matricidio per avvelenamento, compiuto due anni dopo aver preso il potere.

Con un temperamento sregolato, di carattere altero superbo, si attirò moltissimi nemici. Riuscì comunque a dimostrarsi piuttosto saggio al governo e a proseguire la politica di risanamento economico-sociale avviata dal padre. Non agiva certo per filantropia, aveva semplicemente capito che un popolo in salute era più conveniente per l’economia del ducato. Pertanto, secondo i principi fondamentali dell’Umanesimo al quale era stato istruito, favorì le cure sanitarie proseguendo l’opera di costruzione dell’Ospedale Maggiore voluto dal padre e del Duomo e si dedicò alle arti circondandosi di uomini di cultura.

La congiura

In ogni caso l’arroganza e il carattere difficile del duca, non fecero che fomentare odio e insofferenza da parte della nobiltà. Ne scaturì presto una congiura organizzata da alcuni nobili milanesi a cui si aggiunsero anche nemici personali del duca. Erano in tanti ad avere almeno un motivo per detestare Galeazzo. Ma probabilmente lo scopo ultimo di chi movimentava le folle era quello di porre fine alla tirannia del duca e al potere degli Sforza in toto. Come vedremo, malgrado il terribile assassinio di Galeazzo, consumatosi il giorno di Santo Stefano, la dinastia degli Sforza era destinata a governare ancora per circa trent’anni.

I congiurati

Il maestro d’eloquenza Cola Montano era uno dei più accaniti oppositori di Galeazzo ed era solito aizzare i suoi allievi a ribellarsi, a usare la violenza per deporlo e instaurare una repubblica. Tra i tanti si delinearono i profili di tre giovani ribelli che avevano tutti validi motivi per volere la morte del tiranno.

Giovanni Andrea Lampugnani era un condannato a morte che il duca aveva graziato, ma che imperterrito e ingrato continuava a tramare contro il potere degli Sforza.

Carlo Visconti era il fratello di una delle amanti del duca che era stata pubblicamente svergognata dallo stesso. Inoltre, la sua famiglia aveva perduto molti poderi quando gli Sforza erano succeduti ai Visconti nella guida di Milano.

Girolamo Olgiati era molto giovane e animato dalla sete di gloria e dalla volontà di passare alla storia. Pare, inoltre, che la sorella fosse stata violentata dal duca dopo il rifiuto a cedere alle sue richieste.

Le vere motivazioni dell’assassinio di Galeazzo Maria Sforza non sono state del tutto chiarite. Alcuni storici ritengono che i congiurati fossero mossi da motivi politici, e che intendessero rovesciare la tirannia degli Sforza. Altri ritengono invece che i congiurati fossero mossi da motivi personali, e che intendessero vendicarsi di Galeazzo per le sue azioni.

chiesa di santo stefano a Milano
L’interno della Basilica di Santo Stefano ©Désirée Coata

La preparazione del delitto

Secondo le confessioni dei colpevoli, furono l’Olgiati e il Lampugnani a ideare l’attentato e ad organizzarlo per sei lunghi mesi. Realizzarono perfino un fantoccio con le sembianze di Galeazzo sul quale accanirsi con insulti ed esercitarsi con il pugnale. Tutti e tre cercavano di istigare amici e conoscenti a ribellarsi a Galeazzo ricordando le sue ingiustizie e promettendo loro favori una volta eliminato il tiranno.

Per compiere l’assassinio fu deciso il giorno di Santo Stefano. I tre si riunirono un’ultima volta attorno alla mezzanotte tra il 25 e il 26 dicembre rinnovandosi alleanza e promettendosi che insieme avrebbero portato a termine la missione omicida.

L’assassinio in piazza Santo Stefano

Era la mattina di Santo Stefano, il 26 dicembre 1476, e Milano era avvolta in una nebbia fitta. Galeazzo era partito dal castello sforzesco e si stava recando a cavallo, seguito dal suo corteo, verso la basilica di Santo Stefano Maggiore per partecipare alla messa in omaggio al santo.

Era quasi mezzogiorno quando Galeazzo raggiungeva il portico di Santo Stefano gremito di gente e si accingeva ad entrare in chiesa. All’epoca dei fatti la basilica aveva un aspetto completamente diverso da quello di oggi. C’era un nartece, cioè un atrio con un colonnato che fungeva da ingresso, innalzato in epoca medievale e poi smantellato nel Seicento. La colonna che oggi si trova sul lato destro rispetto all’entrata della basilica è l’unica sopravvissuta di quell’antico colonnato testimone dell’omicidio. Quindi fateci caso, passa un po’ inosservata, ma è un vero reperto storico.

I tre congiurati nascosti tra la folla insieme ai loro sostenitori, si avvicinarono al duca pronti a colpire. Il primo fu il Lampugnani che gli sferrò un fendente alla coscia sinistra proprio all’altezza dell’arteria femorale. Il duca si accasciò e subito fu raggiunto da un altro colpo di daga al collo. Quindi arrivò l’Olgiati che si accanì con il pugnale al petto, alla gola, al polso. Infine, il Visconti che lo colpì alla schiena più volte. Quattordici colpi in tutto. Galeazzo, data la violenza repentina con la quale era stato assalito, morì quasi immediatamente.

lapide che ricorda l'assassinio nella chiesa di Santo Stefano
La lapide a memoria dell’assassinio nella Basilica di Santo Stefano ©Désirée Coata

La fine dei congiurati dopo l’assassinio

Ne seguì un tumulto durante il quale molte persone furono calpestate. La guardia ducale premeva verso l’interno della chiesa per arrestare la fuga dei congiurati e il popolo voleva mettersi al riparo fuggendo via. Il Lampugnani venne trafitto da una lancia mentre scappava. Il suo corpo legato per un piede ad un cavallo sarà trascinato per tre giorni per le strade della città, sbeffeggiato e straziato. I complici della congiura, 11 in tutto, furono squartati vivi e impiccati sulle merlate del castello sforzesco e lasciati esposti come monito. Il Visconti fu catturato pochi giorni più tardi e gli fu riservata la stessa fine. Anche l’Olgiati dopo vari tentativi di trovar nascondigli da amici e parenti, fu preso e squartato vivo come i suoi compagni.

Cola Montano, la mente che probabilmente aveva influenzato i tre giovani, fu esiliato da Milano.

Il colpo di scena fu che i milanesi, contro ogni aspettativa, non si ribellarono e il primogenito di Galeazzo, Gian Galeazzo Maria Sforza, sebbene avesse solo 8 anni, fu riconosciuto nuovo duca, anche se il potere rimase di fatto nelle mani dei consiglieri di corte.

chiesa di santo stefano a milano
©Désirée Coata

La sepoltura misteriosa

Del corpo di Gian Galeazzo Visconti si persero quasi subito le tracce. Si dice che venne sepolto di nascosto durante la notte tra due colonne imprecisate del Duomo perché si temevano disordini visto l’odio che molti avevano accumulato nei suoi confronti.

È probabile però che in un secondo tempo il corpo sia stato trasferito altrove per garantirgli una degna sepoltura. Ma dove? È d’epoca recente, però, il rinvenimento di un cranio nella zona absidale della chiesa di Sant’Andrea a Melzo. Molti sono gli studi che lasciano supporre possa trattarsi proprio della testa di Galeazzo. D’altronde, coincidenza vuole che la sua amante prediletta avesse ricevuto in dono dal duca proprio il feudo di Melzo.

Désirée Coata


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2 Risposte “La congiura di Santo Stefano a Milano”

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