Il delitto impunito di corso Magenta

Adriana Levi, il delitto impunito di corso Magenta a Milano

30/10/2023

Alla fine degli anni ’80 il delitto di Adriana Levi nel pieno centro di Milano, in corso Magenta, scosse gli animi dell’alta borghesia e rimase un mistero irrisolto.

Era la sera del 19 dicembre 1989, Adriana Levi aveva ospiti a cena per festeggiare il Natale imminente nella sua bella abitazione di Corso Magenta 69. Lei non lo sapeva, ma era la sua ultima cena. Sarà ritrovata, infatti, la mattina seguente, stesa a terra nella sua camera da letto in una pozza di sangue.

il delitto irrisolto di corso magenta
©Désirée Coata

Chi era Adriana Levi

Adriana Levi aveva 66 anni, era una donna forte e coraggiosa, sopravvissuta da ragazzina all’orrore della shoah. Durante la Seconda Guerra Mondiale, fu deportata per motivi razziali nel campo di concentramento di Bergen Belsen, dove si trovava anche Anna Frank.

Una signora molto conosciuta nella Milano che contava, proprietaria de “Il Cenacolo”, un negozio di antiquariato che si trovava proprio davanti alla Chiesa di Santa Maria delle Grazie al civico 69 di Corso Magenta. Oggi in corrispondenza delle tre aperture ad arco dove era il negozio, c’è una boutique enogastronomica. “Il Cenacolo” prendeva il nome del celebre affresco di Leonardo ospitato nel refettorio del convento adiacente alla chiesa. Vendeva opere d’arte di valore, pezzi unici d’arredo e da collezione, ma anche oggettistica più comune destinata ai numerosi turisti della zona.

Adriana aveva già perso due mariti, ma la sua vita era brillante e stimolante. Era una donna colta e di classe. Amava circondarsi di artisti, letterati, scienziati e musicisti nella sua dimora-museo di 350 mq piena di oggetti curiosi e arredi preziosi. Si parla di una celebre statua di cavallo maestosa che affascinava sempre tutti i suoi ospiti.

Il luogo del delitto oggi – ©Désirée Coata

Gli invitati in corso Magenta la sera del delitto

La sera del 19 dicembre 1989 nella casa di Adriana Levi ci sono 5 ospiti: due donne e tre uomini. Il pittore Alberto con la moglie e Osvaldo, celebre produttore discografico, anche lui con consorte. Ma l’ospite di sicuro più interessante è Romano, sposato con un figlio piccolo, flautista dell’orchestra della Scala che Adriana ha preso un po’ sotto la sua ala protettiva. Lei è sua mecenate, vorrebbe garantirgli il successo e un futuro da concertista, per questo non manca occasione di presentargli le persone che contano. Non a caso quella sera gli fa incontrare il suo amico Osvaldo al quale ha strappato la promessa di un provino. Di contro, Romano è avvezzo ad accompagnare l’amica alle occasioni mondane, a teatro o a fare shopping in una sorta di legame vantaggioso reciprocamente.

Non vi pare di vederli seduti tutti e sei al tavolo a chiacchierare tra pietanze natalizie, decorazioni e luccichii tra un brindisi e l’altro? Ricorda la scena di un romanzo di Agatha Christie. Quale degli ospiti sarà il colpevole?

A dire il vero c’è un’altra presenza. Si tratta del collaboratore filippino che aiuta a servire la cena, ma che sarà il primo a lasciare la casa attorno alla mezzanotte. Tutti gli altri diranno di essersene andati attorno alle due. Fa eccezione Romano che si sofferma, da solo, a casa di Adriana su sua richiesta, a quanto dice, per ricevere in privato il suo regalo di Natale.

Romano, l’ultimo a vederla viva

Di certo questo particolare che fa di Romano l’ultimo testimone ad aver visto Adriana viva e la sua amicizia speciale con una donna con quasi il doppio dei suoi anni, fanno nascere sospetti. Si tratta di capire quando esattamente gli ospiti se ne siano andati. A tal proposito spunta uno scontrino della vicina farmacia dove si è recata una delle coppie, subito dopo essere uscita in corso Magenta, che attesta l’orario delle 2.27. Quindi Romano deve essere uscito per forza dopo. Ma dopo quanto?

L’ingresso di Corso Magenta 69 – ©Désirée Coata

L’allarme che scatta nella notte

C’è un fatto importante. Quella notte l’allarme scatta alle 3.21. Non si sa se perché avvertiti da una vicina o perché l’allarme fosse collegato con la centrale operativa, una volante arriva sul posto per un controllo. Tutto sembra tranquillo. Le saracinesche del negozio sono abbassate, non ci sono segni di scasso e l’allarme ha ormai smesso di suonare. Corso Magenta è avvolto dal buio silenzioso di una notte fredda e insondabile, nessuno può immaginare che si stia consumando un delitto. Dopo aver citofonato un paio di volte senza ricever risposta, i poliziotti si allontanano pensando ad un falso allarme.

©Désirée Coata

Il ritrovamento del cadavere di Adriana Levi

La mattina del 20 dicembre 1989, Antonio, l’anziano collaboratore del negozio, non vedendo arrivare Adriana all’orario di apertura (erano le 8,15) come d’abitudine, suona il campanello sia della bottega che dell’abitazione.

Poi, preoccupato, non ricevendo risposta, chiama la signora Pierina al piano di sopra che aveva le chiavi perché si occupava delle pulizie di casa Levi. Saranno loro due ad entrare in casa e a fare il macabro ritrovamento.

Le luci sono accese, la donna esanime giace a terra prona nel disimpegno della camera da letto sulla moquette grigia. Indossa una camicia da notte azzurra zuppa di sangue e ha il volto sfigurato.

Modalità omicidiarie

Adriana è stata massacrata con corpi contundenti al volto, soprattutto intorno ad un occhio, che risulteranno fatali, e con coltellate, circa una decina al torace e al collo, piuttosto superficiali. La finestra è aperta, probabilmente è stata la via di fuga dell’omicida che si è defilato dal giardino sul retro per scomparire dopo il delitto verso via Zenale, dal lato opposto a Corso Magenta dove c’era più traffico.

Il delitto di Adriana Levi in corso Magenta
Il giardino probabile via di fuga su via Zenale – ©Désirée Coata

Le indagini sul delitto Levi in Corso Magenta

Le indagini saranno guidate dall’allora sconosciuto pm Antonio Di Pietro, che è il magistrato di turno la notte del delitto. La pista che sembra più plausibile inizialmente è quella di una rapina finita male, ma sono tante le cose che non tornano.

Peccato che si tralasci di analizzare le tracce biologiche sotto le unghie della signora che forse avrebbero potuto fornire un dna dell’aggressore. Peccato che in quegli anni le indagini non possano avvalersi di tecniche di investigazione sofisticate, come l’analisi dei tabulati telefonici o l’acquisizione dei video delle telecamere di sorveglianza. Inoltre, all’epoca non c’era l’abitudine di conservare tutti i reperti della scena di un delitto, che a distanza anche di un solo decennio forse avrebbero potuto essere più finemente sondati.

Si cerca di scavare anche nella vita lavorativa della donna immaginando un affare di compravendita finito male. Magari Adriana aveva tenuto in casa un pezzo di antiquariato particolarmente raro e prezioso e qualche collezionista era disposto a tutto pur di entrarne in possesso. O forse quella sera avrebbe dovuto concludere un acquisto importante, poi finito male. Questa ipotesi spiegherebbe la presenza in casa di una somma di denaro di circa 20 milioni di lire che non viene più ritrovata.

L’unica traccia

L’unica traccia rinvenuta sulla scena del crimine è quella di una scarpa sul muretto del giardino di via Zenale. Probabilmente lasciata durante la fuga avvenuta dalla portafinestra della stanza degli ospiti che viene infatti trovata spalancata.

La prima stranezza: un omicidio troppo cruento

Subito balza all’occhio l’inaudita violenza con la quale l’assassino o gli assassini si sono accaniti sulla vittima. La scena del delitto è caotica e la povera donna sembra vittima di una furia passionale; che possa essere invece una messa in scena per sviare le indagini?

La figlia della signora Levi confermerà che dai cassetti mancano gioielli e denaro per decine di milioni di lire, ma stranamente i pezzi di antiquariato di maggior valore sono ancora al loro posto. Un bottino che avrebbe potuto fruttare ai ladri davvero un valore inestimabile e che invece rimane intonso e ignorato.

La seconda stranezza: c’è un precedente

Poco più di un mese prima, l’11 novembre, l’allarme era scattato e Adriana aveva sorpreso due malviventi nella sua abitazione mettendoli in fuga. Inquietanti le avevano gridato: “Torneremo!” Naturalmente ne era conseguita una denuncia, ma i due non erano mai stati identificati, seppur lei li avesse visti ben in volto.

Il delitto irrisolto di Corso Magenta
©Désirée Coata

La terza stranezza: l’allarme reinserito

Stranamente l’allarme che quella notte suona, viene ritrovato la mattina seguente ripristinato in tutta la casa. Fatto bizzarro, visto che la signora stava andando a dormire, verrà infatti ritrovata con la camicia da notte addosso, e avrebbe dovuto inserire solo l’opzione perimetrale o perlomeno disinserire il quadrante a raggi infrarossi della camera da letto.

Inoltre, i pannelli di controllo segnalano che qualcuno ha attraversato tre settori dell’appartamento, ma non il quarto dove invece si trovano cassetti rovesciati e disordine. Un gesto consapevole o dettato dalla distrazione? Un depistaggio? L’assassino ha reinserito l’antifurto senza considerare la traccia lasciata dal suo passaggio nelle altre stanze. Ma perché si è premurato di farlo visto che la procedura non era affatto banale e lascia supporre che fosse una persona che conosceva bene come muoversi in casa.

La quarta stranezza: gli orari confusi

Tutto sembrerebbe portare alla colpevolezza del giovane Romano, al quale pare che Adriana avesse promesso anche l’intestazione di una casa in Svizzera. Incredibilmente Romano non sarà nemmeno indagato perché ha un alibi inattaccabile. La moglie dice di essersi svegliata quella notte per il pianto del figlio piccolo e, andando in bagno, sostiene di aver visto il marito seduto sul divano davanti la tv. Dice ad un’ora compresa tra le 2,30 e le 2,45. Lui d’altro canto sostiene di essersi attardato da solo in casa di Adriana, quando già gli altri ospiti si erano congedati, per poter dare il suo regalo di Natale all’amica. Ma l’orario che riferisce non collima con le ammissioni degli altri ospiti. Comunque, manca un movente: perché Romano avrebbe dovuto eliminare la sua amica che stava favorendo la sua carriera?

Dopo il delitto Levi di corso Magenta

Pochi giorni dopo Capodanno, arriva agli inquirenti una lettera anonima che indirizza i sospetti sul figlio della portinaia di un palazzo vicino, un giovane strano e un po’ sbandato. Non ci sarà alcun riscontro però, nemmeno sull’unica impronta trovata sul muretto in giardino, ma soprattutto non sarà mai trovata l’arma del delitto. Per un po’ di tempo si pensa che possa essere un grosso candelabro d’argento che manca all’appello in casa di Adriana, ma poi viene ritrovato nel laboratorio del negozio dove l’aveva portato lei stessa affinché fosse lucidato.

Pertanto, Di Pietro, a distanza di un anno e in assenza di nuovi indizi, chiederà l’archiviazione del caso. Un delitto eclatante che scosse l’opinione pubblica d’allora perché avvenuto in corso Magenta, nel cuore della Milano nobile e signorile e che, a distanza di 34 anni, resta un mistero irrisolto.

Désirée Coata

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